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giovedì 10 novembre 2011

Aiuto! Lo Spread!

Presto! Corriamo ai ripari! Lo spread ci sta schiacciando! Ma qualcuno ha fatto i conti?

Tutti i giorni ci dicono che stiamo per fallire perché lo spread sale vertiginosamente. Ma che significa? Ma è semplice: lo spread è la differenza tra l'interesse pagato dai titoli di Stato tedeschi e i nostri. Uno spread di 500 punti equivale a circa il 7% d'interesse, ci dicono. E tutti giú a dire che quest'interesse è insostenibile perché il nostro debito pubblico è altissimo. E che c'entra? Il debito pubblico già in essere continua a pagare l'interesse promesso a suo tempo. Se lo spread sale o scende non gl'importa niente.

Lo spread ha effetto solo sulle nuove emissioni (che tra l'altro non ci sono tutti i giorni). Mettiamo che domani dobbiamo emettere nuovi titoli. Solo per questi pagheremmo il 7% d'interesse. Ma su quanto dobbiamo pagare il 7%?

A quanto mi consta il rapporto tra il deficit e il PIL è, per regolamento della UE, dell'ordine del 3%. Il deficit rappresenta i soldi che mancano allo Stato per pagare i suoi debiti. Siccome il PIL è intorno ai 1900 miliardi, il deficit si aggira sui 60 miliardi. Per inciso sono circa 1000 euro per abitante, inclusi vecchi e bambini.

Se emetto titoli pubblici, lo faccio per coprire il deficit. Quindi se anche facessi una sola asta all'anno e domani dovessi piazzare titoli per l'intero ammontare, dovrei farmi prestare 60 miliardi, da restituire in 10 anni con l'interesse del 7%. Ogni anno, dunque, dovrei pagare 4.2 miliardi di euro di interessi. Se lo spread non fosse cosí alto l'interesse potrebbe essere del 3%. In questo caso pagherei 1.8 miliardi. L'impennata dello spread dunque costa ai cittadini 2.4 miliardi di euro in piú all'anno rispetto a una situazione normale. Per inciso si tratta di 40 euro l'anno in più per abitante.

Siccome a questo punto qualche titolo pubblico l'ho già piazzato, in realtà non mi costa cosí tanto, perché invece di dover vendere 60 miliardi di titoli, ne devo vendere tabti quanti non ne ho venduti finora ed essendo a fine anno ormai avrò venduto quasi tutto.

Il problema dunque potrebbe venire solo dal perdurare di questa situazione. Come si "raffredda" lo spread? Non emettendo titoli pubblici. Cosí chi li vuole pretende meno soldi d'interesse. Ma se non si emettono titoli pubblici lo Stato non ha soldi per pagare (stipendi, fornitori, politici, etc.). Dove li prende?

Un economista farà presto a rispondere: tagli e tasse. Alé! Il risultato è che si hanno ancor meno soldi da spendere, quindi ancor meno crescita e ancor meno PIL, ancor meno tasse e deficit in aumento. Ecco perché per me la scelta di un economista a capo del Governo non va bene. Fantasia ci vuole! Butto lí una provocazione.

Introduciamo una moneta parallela, che vale solo in Italia, cambiabile solo presso la Banca d'Italia in euro. Dobbiamo emettere l'equivalente di 60 miliardi di euro di questa moneta. Gli stipendi fino a una certa soglia (3000 euro?) e i fornitori si pagano in euro con quel che c'è. Per ggli stipendi piú alti, i primi 3000 euro sono pagati in questa valuta, mentre l'eccedenza si paga nella nuova moneta emessa. Il potere d'acquisto in Italia non cambia, perché la moneta può circolare senza restrizioni nel nostro Paese. Ovviamente all'estero non vale nulla. Le persone normali non ne risentono. Le persone che guadagnano tanto non piú di tanto perché possono spendere questa moneta in Italia e fino a 3000 euro al mese all'estero. I politici in particolare percepiscono gran parte del loro stipendio in questa moneta. Quindi hanno tutto l'interesse a renderla inutile e a consentirne il cambio in euro appena possibile, facendo riforme veramente utili.

Naturalmente è una provocazione: non mi aspetto che funzioni in modo cosí naive. Però è un modo alternativo di vedere le cose. Avessimo almeno qualche politico capace di far funzionare il proprio cervello epr partorire altre idee balzane forse avremmo risolto il problema, invece di affidarci, come sempre, a economisti e banchieri che sanno solo prendere soldi agli altri.

I BTP patriottici del Ministro La Russa

Il Ministro La Russa ha annunciato ieri di aver acquistato, insieme ad altri colleghi, una certa quantità di titoli pubblici italiani a scopo, diciamo, patriottico. Ma quando mai? Se l'ha fatto, l'ha fatto solo per il suo interesse personale (oppure non se ne è reso conto, il che è anche possibile).

Infatti non è che ci sia un'asta di BTP tutti i giorni. I titoli che il Ministro La Russa ha acquistato ieri, in particolare, non potevano provenire da un'asta che non c'è stata. Il Ministro ha acquistato titoli sul mercato, cioè titoli già in possesso di altri che se ne sono liberati, svendendoli. Ora questi titoli sono già stati piazzati sul mercato dal Governo tempo fa, quando il mitico spread era piccolo. Quindi il Ministro, a scadenza, vedrà rimborsarsi dal Giverno italiano il capitale nominale e ogni anno si vedrà corrispondere l'interesse nominale. Solo che, avendoli pagati meno del loro valore, guadagnerà molto di piú. Il risultato è che l'Italia non ci guadagna niente, mentre il Ministro si.

Per rendere piú chiaro l'effetto farò un esempio con numeri "a caso" e un po' semplificato (non tengo conto dell'interesse composto). Supponiamo che nelle passate aste, tre anni fa, il Governo abbia venduto BTP decennali per 100 euro a un'interesse del 4%. Questo significa che ogni anno il Governo paga 4 euro al detentore del titolo e, a scadenza, ne rimborsa 100. Di conseguenza, per 100 euro prestati, il Governo sborsa 140 euro in dieci anni. Siccome li ha venduti tre anni fa, ha già pagato 12 euro. Restano da pagare 4 euro ogni anno per 7 anni, piú 100 euro a scadenza. L'attuale detentore del titolo, invece, ha sborsato 100 euro quando lo ha comprato e ne ha incassati finora 12. Vista la mal parata, oggi decide di vendere questo titolo ad altri, non fidandosi dello Stato italiano. Ovviamente nessuno comprerebbe il titolo al suo prezzo nominale, quindi decide di svenderlo, perdendo qualche soldo, ma mettendo al sicuro il capitale. Lo vende dunque a, diciamo, 78 euro. Ci perde 10 euro (ho pagato 100, ne ho incassati 12 dagli interessi e 78 dalla vendita), ma tant'è. Meglio 10 euro di perdita oggi che dimezzare il capitale domani. Ho limitato i danni.

La Russa lo compra a 78 euro. Nei prossimi 7 anni incasserà 4 euro l'anno. Totale: 28 euro. A scadenza lo Stato però gli rida' sempre 100 euro. Complessivamente, con un investimento di 78 euro, incassa 128 euro con un guadagno netto di 50 euro, 7.14 euro l'anno. È come se avesse percepito un interesse annuo di poco piú del 7% invece del 4%: uno spread di 314 punti.

Risultato: lo Stato paga quel che aveva promesso di pagare. Non un centesimo in piú né uno in meno. Il Ministro, a spese dell'investitore (e forse gli sta bene), guadagna il 7% l'anno dal suo investimento. Certo: rischia che quell'investimento sia in perdita se lo Stato decide di non rimborsare il debito o di rimborsarlo in parte, ma si sa che chi non risica non rosica. Di certo lo Stato non guadagna nulla da quest'operazione. Dov'è il patriottismo?

sabato 24 settembre 2011

Il tunnel Gelmini

Non capisco perché non me l'abbiano detto prima! Se sapevo, mica pagavo per il tunnel del Monte Bianco, che devi andare pure piano...

Se non ci fosse da piangere ci sarebbe proprio da ridere, qui. Ma anche qui ci s'impara qualcosa. Secondo il nostro amato Ministro l'Italia ha contribuito al tunnel tra il CERN e il Gran Sasso (732 km circa) con 45 milioni di euro. Circa 61000 euro a km. Non molto, tutto sommato. Specie se si tiene conto che 45 milioni ammontano a meno del 1 permille dell'ultima manovra finanziaria del Governo (54 miliardi). Se pensiamo che nel 2010 le spese per le missioni militari all'estero ammontavano a 27 miliardi si capisce che in fondo non è costato poi molto. Per le missioni militari all'estero spendiamo in un anno circa metà di quello che si incassa (in piú) in tre anni con la manovra. Per la scienza meno di un millesimo della cifra complessiva.

martedì 16 agosto 2011

Poveri ricchi

E chi glielo dice adesso che devono pagare il 5% sul reddito eccedente i 90000 euro e addirittura il 10% su quelli oltre i 150000? Il salasso è grave! Pensate: chi percepisce un reddito di 150000 euro l'anno dovrà pagare il 5% dell'eccedenza, pari al 5% di 150000-90000=60000 euro. Quanto fa? 3000 euro che, divisi per le tredici mensilità costituiscono un aggravio di ben 231 euro! Sia chiaro, su uno stipendio netto dell'ordine di 6500-7000 euro. Un vero salasso! Come farà a comprarsi beni di prima necessità come una custodia in pelle per l'ultimo iPad o un paio di scarpe fatte a mano? E che dire di coloro che dovranno pagare di piú? Pensate: uno con un reddito di 500000 euro l'anno, che dunque percepisce 23000 euro netti al mese, dovrà vedersi ridotto lo stipendio di poco meno di 3000 euro, arrivando a prendere solo 20000 euro al mese.

Per fortuna la maggior parte dei lavoratori autonomi guadagna molto, ma molto di meno. Se no, poverini, dovrebbero chiudere bottega. Chi glielo fa fare di lavorare per un tozzo di pane? Considerate quei poveri avvocati, che per il 65 %, come certifica una rilevazione del Censis, hanno un reddito inferiore a 39200 euro lordi. Pensate se dovessero pagare loro il contributo di solidarietà. O i sarti, che dichiarano in media 8659 euro lordi l'anno (del resto si sa che dal sarto ci vanno solo i poveracci). Meno male che ci pensa il nostro Governo a tutelare le fasce deboli!

venerdì 12 agosto 2011

Ricette per la crisi

Ma di che stiamo parlando? La crisi economica in corso pare richieda uno sforzo di 25 miliardi di euro. E come pensa il Governo di recuperare questa cifra? Naturalmente facendola pagare a chi paga sempre: tagli agli stipendi degli statali, riduzione delle festività, libertà di licenziare. Provvedimenti drastici, sí, però giustficati dall'enormità della cifra. Ma davvero? Stiamo parlando di 25 miliardi di euro. Si tatta di qualcosa tra il 6 e il 10 % del valore della capitalizzazione delle aziende quotate alla Borsa di Milano (secondo il periodo). Si tratta dunque di un ammontare pari a quello che la borsa ha perso (grazie a quelle che non so definire altrimenti come cazzate fatte dal Governo in questi giorni) in due giorni. Una "vendita forzosa" o un meccanismo analogo avrebbe potuto risolvere immediatamente il problema e se qualcuno teme che questo avrebbe potuto innescare un crollo del valore dei titoli causa fuga degli investitori (tra cui ci sono anch'io, quindi non sto proponendo soluzioni a me favorevoli), farebbe bene a calcolare quanto si è perso per non averlo fatto. Sia chiaro: non sto dicendo che questa doveva o poteva essere la soluzione. Qualunque scelta in un'unica direzione sarebbe sbagliata. Però una parte del debito poteva essere ridotta in questo modo, assieme ad altri provvedimenti. In questo modo avrebbero sicuramente pagato i piú ricchi: i piccoli investitori avrebbe certo anche loro perso qualcosa, ma meglio perdere qualche migliaio di euro di controvalore di azioni (che possono recuperare) piuttosto che vedersi lo stipendio drasticamente ridotto per anni. Per quel che riguarda poi l'accorpamento delle festività ho già commentato su questo fatto quando la Marcegaglia fece analoga proposta per aumentare il PIL. Ma che dite? Cosí il PIL si abbassa! Se le persone non hanno modo di svagarsi cosa pensate che facciano? Consumeranno di piú o di meno? L'unico modo per aumentare il PIL è dare piú soldi a chi ne ha meno, innescando un meccanismo di fiducia nel futuro. Si deve scoraggiare l'accumulo di denaro da parte dei piú ricchi. Sopra una certa soglia deve essere conveniente, per uno che guadagna 20-30.000 euro al mese, pagare uno stipendio piuttosto che tenersi i soldi.

sabato 5 febbraio 2011

Confindustria non festeggia l'Unità d'Italia

La Sig.ra Maregaglia, Presidente di Confindustria, ha dichiarato che i suoi associati non festeggeranno con un giorno di vacanza l'Unità d'Italia. Il motivo? Solamente economico, sia chiaro. Una giornata di lavoro in meno sarebbe una mazzata per l'economia. Ma davvero?

L'argomento sarebbe il seguente: minore è il numero di ore lavorate in un anno, minore è il PIL di quell'anno. Ma che sciocchezza! I giorni lavorativi in un anno sono circa 240. Ammettendo che il PIL sia proporzionale al numero di giorni lavorati, lavorare un giorno di meno significa abbassare il PIL dello 0.4%. Mica poco, si potrebbe pensare, visto che ogni volta che il PIL si alza o si abbassa di mezzo punto si scatenano dibattiti a non finire. Affrontiamo prima questo problema. È tanto o è poco? Facile: è il mezzo percento. Significa che se uno guadagna in media 1000 euro al mese, le sue entrate aumentano o diminuiscono di 5 euro. Se ne guadagna 10000 la differenza è di 50. Se ne guadagna un milione, la differenza fa 50.000 euro. Ragazzi: rilassatevi! Ammesso (e non concesso) che il PIL sia proporzionale al numero di giorni, se pure vi prendete una giornata di vacanza perdete il mezzo percento del vostro reddito, ma volete mettere quanto ci guadagnate in salute? Dalla rivoluzione industriale a oggi tutto il progresso tecnologico è servito per ridurre il lavoro umano. Oggi invece pare che questo sia stato dimenticato. Sembra che l'uomo sia nato per lavorare 24 ore su 24.

Ammettiamo poi che sia importante guadagnarsi questi 5 euro su 1000. Ma un giorno di vacanza si recupera con un'ora di straordinario per otto giorni in un anno! Non mi pare proprio una tragedia.

E poi come la mettiamo con gli anni bisestili? Magari, allora, tutti gli anni fossero bisestili. Il nostro PIL crescerebbe molto di piú! Peccato che nel 1996, nel 2004 e nel 2008 (gli ultimi tre anni bisestili) il PIL sia sceso rispetto all'anno precedente. Per carità! Ci sono molti effetti che influenzano il PIL, ma è evidente che il numero di giorni lavorati è di gran lunga il meno importante. Altrimenti la probabilità di avere tre anni bisestili consecutivi con trend negativo sarebbe miserrima!

E del resto lo si capisce bene considerando che per fare PIL non basta produrre. Bisogna anche vendere, Ora è chiarissimo che ci sono cose che sono indipendenti dal numero di giorni lavorati. Il cibo, ad esempio. Si mangia tutti sia al sabato che alla domenica. Non è che il PIL dei panettieri aumenta se lavorano di domenica. Il fatto è che loro il pane lo vendono prima e la gente lo surgela. Se lavorassero di piú venderebbero lo stesso pane. Il PIL non aumenterebbe di un bel niente. Idem per le auto. Mica uno compra l'auto nuova tutti i giorni lavorativi! Le auto non si comprano in base al numero di giorni lavorati. Se mai in base al tempo trascorso in assoluto. Cosí per molte altre cose.

Se un effetto sul PIL c'è è proprio l'opposto. In un giorno di vacanza le persone vanno in gita, al ristorante, in pizzeria, in visita ai musei, ai parchi giochi etc.. In questo modo il PIL aumenta, perché si consuma piú carburante per muoversi, piú cibo nei ristoranti e nelle pizzerie, e cosí via.

Presidente: le do un suggerimento. Se davvero tiene alle sorti del PIL italiano non lavori il 17 marzo. Si prenda una bella vacanza. Oltre a far bene a lei farà bene anche alle tasche di qualche altro italiano. La ricchezza si deve distribuire. Se no che ce l'ha a fare? Senza contare che dopo un giorno di relax i suoi operai produrrano certamente di piú e meglio.

martedì 1 febbraio 2011

Gli avvocati di Berlusconi

Cari però questi avvocati! Va bene che devono difendere l'indifendibile, ma un po' di controllo della spesa, che diamine! In un'intervista (il testo) il Presidente afferma di aver dovuto (dovuto?) subire 104 procedimenti giudiziari, spendendo oltre 300 milioni di euro in provvigioni agli avvocati. Il che fa la bellezza di quasi 3 milioni di euro a procedimento. Non pare un po' troppo? Certo che se uno spende i suoi soldi cosí è difficile credere che sappia amministrare bene il proprio patrimonio. Figuriamoci quello altrui. Chissà che godimento per il Ministro Tremonti, che avrebbe dovuto incassare dell'ordine dei 100 milioni in tasse.

sabato 29 gennaio 2011

Un milione di euro per un sito web?

Secondo notizie di stampa, peraltro confermate indirettamente dall'Assessore ai Servizi Tecnologici Cavallari, Il Comune di Roma avrebbe sborsato ben 1.4 milioni di euro in favore della Telecom per la realizzazione del sito web per promuovere il Comune in occasione dell'expo di Shanghai. Il sito avrebbe funzionato per pochi giorni. A chiunque non sia uno sprovveduto tale cifra appare immediatamente abnorme. Invece di correre ai ripari, l'Assessore ha affermato che i soldi non sono stati spesi per il sito web, ma per un'infrastruttura permanente per la promozione dei grandi eventi programmati dall'Amministrazione. Dalla padella nella brace!

Per comprendere l'abnormità della spesa basta considerare il costo di un centro di calcolo per LHC, realizzato a Roma e attualmente in funzione, che serve una comunità di alcune migliaia di fisici che analizzano continuamente miliardi di eventi prodotti dalle collisioni protone-protone dell'acceleratore. Ogni giorno, su queste macchine, migliaia di programmi macinano centinaia di TB di dati, senza sosta, impiegando risorse di calcolo che basterebbero per decine di migliaia di siti web.

Nel centro di Roma ci sono otto rack raffreddati ad acqua: una tecnologia innovativa che, a fronte di un investimento iniziale relativamente alto, consente elevati risparmi di energia, per cui l'investimento si ripaga nel giro di quattro o cinque anni (senza contare il beneficio ambientale). Ciascun rack ospita CPU e dischi in quantità. Sono presenti circa 1000 core di CPU complessivamente e dell'ordine dei 500 TB di spazio disco.

L'infrastruttura è stata realizzata nel giro di una decina di anni, sia per le limitazioni al budget, sia perché essa è cresciuta secondo le esigenze. Inutile comprare oggi quello che mi servirà tra uno o due anni. È ben noto che la potenza di calcolo, a parità di costo, raddoppia ogni 18 mesi circa. Acquistando le risorse troppo presto, di fatto, costituisce una perdita secca, perché quando queste mi serviranno saranno già obsolete e dovrò sostituirle.

Con i prezzi di oggi, una buona macchina di qualità può costare dell'ordine dei 4000 euro e 1 TB di disco dell'ordine dei 100 euro. Ammettendo di voler realizzare un'infrastruttura web di altissimo livello, diciamo che dovrebbero bastare una decina di macchine (40000 euro) e 100 TB di disco (10000 euro) su cui si possono probabilmente ospitare documenti e immagini ad altissima risoluzione di tutte le risorse turistiche del Comune di Roma. Non possiedo i numeri relativi ai musei e alla dimensione delle loro collezioni, ma considerando che 1 TB è sufficiente per ospitare le foto digitali di una famiglia per una vita, 100 TB sembrano piú che sufficienti per ospitare le immagini di tutti gli oggetti disponibili in tutti i musei di Roma. Abbiamo speso 50000 euro. Naturalmente non abbiamo tenuto conto del manpower e dell'infrastruttura (locali, raffreddamento, UPS, etc.) che probabilmente costituiscono la spesa maggiore. Per 50000 euro di valore di hardware vale la pena farsi ospitare le macchine in qualche struttura apposita, ma volendo proprio investire in un'infrastruttura moderna per ospitare in futuro tutti i servizi tecnologici del Comune (ma non ce l'ha già?) possiamo pensare di spendere qualche centinaio di migliaia di euro. Con 1.4 milioni, a Roma, si acquista un grande attico in ottimo stato! A noi basterebbe un garage o un magazzino, neanche tanto grande, dotato di condizionamento.

Siamo alle solite: alla ricerca, che ha bisogno di costosi sistemi all'avanguardia, le briciole, con le quali ci si arrangia alla meno peggio. Agli amici degli amici, 1.4 milioni di euro per un sito web. Se non si tratta di un abuso, chi gestisce questo denaro è un incompetente di altissimo livello. In ogni caso il risultato è che siamo governati da gente che, nella migliore delle ipotesi, non ha la piú pallida idea di quel che sta finanziando. Scandaloso!

martedì 4 gennaio 2011

80 milioni di bottiglie di spumante

Buon Anno! È anche quanto ci dicono nei telegiornali annunciando trionfalmente che quest'anno, per la notte di S. Silvestro, in Italia, si stapperanno ben 80 milioni di bottiglie di spumante (rigorosamente italiano, naturalmente). Il nuovo patriottismo impone che si consumino solo prodotti italiani! Come qualche anno fa, durante un noto ventennio.

Ma su questo blog discutiamo del senso della misura e dunque occupiamoci di numeri. 80 milioni di bottiglie? Ma se gli italiani sono grosso modo 60 milioni, compresi neonati, bambini, astemi e malati! Vogliono farci credere che ciascuno di noi stapperà, in media e comprese le categorie sopra menzionate, 1.3 bottiglie di spumante? È impossibile. Evidentemente il numero di bottiglie stappate pro-capite è inferiore a 1. Sia perché non tutti gli abitanti stappano bottiglie, sia perché chi lo fa non se la beve tutta, ma la condivide con almeno 5-6 persone.

Ammettiamo che tutti, ma proprio tutti coloro che hanno un'età superiore a 16 anni bevano almeno un goccetto di spumante. Ce ne saranno anche di 10 anni che lo fanno, ma sono piú che compensati dai maggiori di 16 anni che non lo fanno. Secondo le tabelle ISTAT costoro sono circa 51 milioni. Diciamo che una bottiglia se la bevono in 5. Arriviamo a poco piú di 10 milioni di bottiglie stappate. Ed è già una stima per eccesso (e nemmeno piccolo). Come si arriva a 80 milioni? Vuoi vedere che il giornalista confonde il numero di bottiglie vendute in un periodo piú o meno lungo con quelle stappate? Oppure, per compiacere il nuovo patriottismo alimentare, spara numeri a caso? Mah!