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sabato 5 febbraio 2011

Confindustria non festeggia l'Unità d'Italia

La Sig.ra Maregaglia, Presidente di Confindustria, ha dichiarato che i suoi associati non festeggeranno con un giorno di vacanza l'Unità d'Italia. Il motivo? Solamente economico, sia chiaro. Una giornata di lavoro in meno sarebbe una mazzata per l'economia. Ma davvero?

L'argomento sarebbe il seguente: minore è il numero di ore lavorate in un anno, minore è il PIL di quell'anno. Ma che sciocchezza! I giorni lavorativi in un anno sono circa 240. Ammettendo che il PIL sia proporzionale al numero di giorni lavorati, lavorare un giorno di meno significa abbassare il PIL dello 0.4%. Mica poco, si potrebbe pensare, visto che ogni volta che il PIL si alza o si abbassa di mezzo punto si scatenano dibattiti a non finire. Affrontiamo prima questo problema. È tanto o è poco? Facile: è il mezzo percento. Significa che se uno guadagna in media 1000 euro al mese, le sue entrate aumentano o diminuiscono di 5 euro. Se ne guadagna 10000 la differenza è di 50. Se ne guadagna un milione, la differenza fa 50.000 euro. Ragazzi: rilassatevi! Ammesso (e non concesso) che il PIL sia proporzionale al numero di giorni, se pure vi prendete una giornata di vacanza perdete il mezzo percento del vostro reddito, ma volete mettere quanto ci guadagnate in salute? Dalla rivoluzione industriale a oggi tutto il progresso tecnologico è servito per ridurre il lavoro umano. Oggi invece pare che questo sia stato dimenticato. Sembra che l'uomo sia nato per lavorare 24 ore su 24.

Ammettiamo poi che sia importante guadagnarsi questi 5 euro su 1000. Ma un giorno di vacanza si recupera con un'ora di straordinario per otto giorni in un anno! Non mi pare proprio una tragedia.

E poi come la mettiamo con gli anni bisestili? Magari, allora, tutti gli anni fossero bisestili. Il nostro PIL crescerebbe molto di piú! Peccato che nel 1996, nel 2004 e nel 2008 (gli ultimi tre anni bisestili) il PIL sia sceso rispetto all'anno precedente. Per carità! Ci sono molti effetti che influenzano il PIL, ma è evidente che il numero di giorni lavorati è di gran lunga il meno importante. Altrimenti la probabilità di avere tre anni bisestili consecutivi con trend negativo sarebbe miserrima!

E del resto lo si capisce bene considerando che per fare PIL non basta produrre. Bisogna anche vendere, Ora è chiarissimo che ci sono cose che sono indipendenti dal numero di giorni lavorati. Il cibo, ad esempio. Si mangia tutti sia al sabato che alla domenica. Non è che il PIL dei panettieri aumenta se lavorano di domenica. Il fatto è che loro il pane lo vendono prima e la gente lo surgela. Se lavorassero di piú venderebbero lo stesso pane. Il PIL non aumenterebbe di un bel niente. Idem per le auto. Mica uno compra l'auto nuova tutti i giorni lavorativi! Le auto non si comprano in base al numero di giorni lavorati. Se mai in base al tempo trascorso in assoluto. Cosí per molte altre cose.

Se un effetto sul PIL c'è è proprio l'opposto. In un giorno di vacanza le persone vanno in gita, al ristorante, in pizzeria, in visita ai musei, ai parchi giochi etc.. In questo modo il PIL aumenta, perché si consuma piú carburante per muoversi, piú cibo nei ristoranti e nelle pizzerie, e cosí via.

Presidente: le do un suggerimento. Se davvero tiene alle sorti del PIL italiano non lavori il 17 marzo. Si prenda una bella vacanza. Oltre a far bene a lei farà bene anche alle tasche di qualche altro italiano. La ricchezza si deve distribuire. Se no che ce l'ha a fare? Senza contare che dopo un giorno di relax i suoi operai produrrano certamente di piú e meglio.

martedì 1 febbraio 2011

Gli avvocati di Berlusconi

Cari però questi avvocati! Va bene che devono difendere l'indifendibile, ma un po' di controllo della spesa, che diamine! In un'intervista (il testo) il Presidente afferma di aver dovuto (dovuto?) subire 104 procedimenti giudiziari, spendendo oltre 300 milioni di euro in provvigioni agli avvocati. Il che fa la bellezza di quasi 3 milioni di euro a procedimento. Non pare un po' troppo? Certo che se uno spende i suoi soldi cosí è difficile credere che sappia amministrare bene il proprio patrimonio. Figuriamoci quello altrui. Chissà che godimento per il Ministro Tremonti, che avrebbe dovuto incassare dell'ordine dei 100 milioni in tasse.